Ieri mattina sono andato al consolato tunisino di Roma per capire se facevo in tempo a programmare le prime ferie della mia vita in un villaggio turistico.
Appena arrivati abbiamo subito capito che aria tirava: sbaglio ufficio, saluto e un tizio simpatico come una pancreatite nemmeno risponde.
Dopo dieci minuti è chiaro che:
1. Nessuno sa niente di niente;
2. L'attesa è vana;
3. Con la cittadinanza di mia moglie è praticamente impossibile fare un viaggio dell'ultimo minuto;
4. Con tutto il rispetto per la Tunisia, la sala d'attesa del consolato assomiglia ad una vecchia sala d'attesa di una stazione ferroviaria qualsiasi. C'è solo una televisione accesa su Tunisia Tv7 (che peraltro nelle giornate di scirocco si vede anche senza parabola), qualche quotidiano vecchio in lingua araba e in francese, un tavolo centrale con sedie scompagnate.
Poi l'impiegato ci riceve e capiamo anche che senza biglietto aereo acquistato non otterremo mai il visto e del resto se acquistiamo il biglietto aereo non è sicuro che il visto arriverà. Anche in questo caso la cordialità, per usare un eufemismo, non è esemplare.
E così monta la delusione: niente ferie.
Poi a tarda serata giunge il miracolo: girellando su internet scopriamo che l'Egitto non richiede alcun visto con restrizioni per mia moglie.
Mar Rosso, arriviamo! (si spera)
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